SULLA NATURA PROTEIFORME DEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO: CINEMA E PSICANALISI
SULLA NATURA PROTEIFORME DEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO
Parte seconda: Cinema e psicoanalisi
È opportuno precisare che in questa sede affronteremo il nesso psicoanalisi-cinema soltanto per ciò che concerne le reciproche influenze sul piano culturale, per chiudere (ma non per concludere) il complessivo quadro dell’intreccio filosofia-cinema-psicoanalisi. Alla questione di quanto e come il cinema può entrare nella pratica terapeutica psicoanalitica, a partire dal nesso fondamentale film-sogno/sogno-film, sono dedicati altri capitoli. La prima cosa che occorre sottolineare è la singolare coincidenza delle date di nascita: le lettere a Fliess, in cui Freud annuncia il “suo” metodo interpretativo-terapeutico e relativo abbandono dell’ipnosi, sono state scritte più o meno nello stesso mese in cui i fratelli Lumière hanno messo a punto quel meccanismo fondamentale, sia per la macchina da ripresa che per la macchina da proiezione, che consentì per la prima volta di riprendere e riprodurre fedelmente la realtà in movimento. Tutto ciò mette in evidenza una condizione di significativo gemellaggio. Questa particolare coincidenza è un po’ sfuggita a tutti o quanto meno sottovalutata. Gli storici della psicoanalisi hanno del tutto ignorato il fatto. Però lo stesso tipo di atteggiamento si verifica con gli storici del cinema.
Di Alessandro Studer


In questa nuova sezione intendiamo aprire un “discorso” di ampio respiro su una vexata quaestio: il cinema in quanto arte, come può essere definito (e quindi sottoposto al giudizio critico)? Nella stessa questione però, implicitamente, se ne evidenzia subito un’altra: data la natura particolarmente complessa dell’arte cinematografica, come definire (e quindi sottoporre a critica) i suoi rapporti con tutte le altre arti? La dellavolpiana Critica del gusto (1960) è il nostro punto di riferimento fondamentale. Punto di riferimento che, Della Volpe (vedi foto a fianco) docet, non possiamo non trattare criticamente. Al di la di questo, il titolo della sezione vuole indicare una prospettiva molto più ampia. Innanzitutto, andando a ritroso storicamente, si va a ripensare il contributo del fondatore della critica estetica moderna, Immanuel Kant, il quale però rimanda, implicitamente, alla discussione illuminista sul gusto, dove troviamo in primis lo scettico David Hume e poi lo scrittore drammaturgo E.G. Lessing, l’iniziatore geniale della grande discussione non ancora (oggi) conclusa sul Laocoonte. Una prospettiva molto più ampia del lavoro che intendiamo fare va sotto il nome di




