May 06, 2024 Last Updated 10:19 AM, Oct 14, 2021

THAT CLOUD NEVER LEFT: LA LUNA È ROSSA A BOLLYWOOD

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Menzione Speciale al Pesaro Film Festival 2019 “per l’originalità e la grazia con cui coniuga una dimensione particolare con una dimensione universale”

Noi siamo fatti per stare in costante movimento: 

la terra ferma è per i morti

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di Yashaswini Raghunandan (foto di Monica Macchi)

Ascolta qui il percorso atipico della regista: 

 

Fiction con stilemi del documentario in un continuo rimando tra materialità ed ultraterreno, pellicola e digitale, luce artificiale dei televisori e buio della natura, luna e nuvole, in un caleidoscopio tutto virato sui toni del rosso.

Ascolta qui come è nata l’idea del film: 

 

 

Locandina That cloud never left

presentato nella sezione “Bright Future” all'International Film Festival di Rotterdam

Al confine orientale tra India e Bangladesh vi è una regione poverissima dove si trova il villaggio di Daspada, conosciuto per la sua economia parallela basata sull’ingegno del falso. Così, recuperando e riciclando bastoncini di bambù, argilla, plastica, fili, vengono prodotti oggetti coloratissimi che sembrano alieni finché non vengono assemblati con vecchie bobine da 35 mm di film di Bollywood - industria cinematografica che dal 2006 è passata al digitale mandando appunto al macero le pellicole.

Ascolta qui cosa rappresenta Bollywood e il rapporto di amore-odio della regista per questa industria cinematografica:

 

Il risultato sono pigne accatastate di giocattoli tutti diversi che, in omaggio all’imprevedibilità del lavoro manuale, quando vengono roteati emettono vari suoni attraverso le perforazioni di fotogrammi della pellicola tagliata a caso.

Raghunandan interseca queste sequenze con schegge di vita quotidiana cogliendo frammenti di conversazione e altri riti (il thè, le visioni collettive attorno a un unico televisore, i compiti svolti alla luce delle candele…) inserendoli in macro-questioni che l’India contemporanea sta affrontando, tra cui le molestie sessuali e lo sfruttamento minorile.

Frame That cloud never left

Ma l’intera vita quotidiana viene sconvolta da un evento epocale: la Red Moon, l’eclissi di luna che i bambini interpretano come un rubino tra gli alberi, un messaggio ultraterreno che vira tutto il film al rosso prima del buio totale che inghiotte ogni altra fonte di illuminazione, in un’immensa camera oscura. 

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Le inquadrature rettangolari - che richiamano la pellicola in un film girato in digitale, dove compaiono, all’improvviso e del tutto casualmente, volti di attori di Bollywood; immagini non sempre spiegabili razionalmente o in modo didascalico; un montaggio che distorce, sfoca e  sovrappone strati visivi e le gamme cromatiche legate a doppio filo al rosso e alle sue sfumature rendono questo film un caleidoscopio asimmetrico e sperimentale sulla costruzione di senso. Senso che nasce dalle connessioni dell'individuo con lo spazio ma che può essere anche assegnato in modo arbitrario e creativo esattamente come fanno le persone che dal riciclo creano e attribuiscono un nuovo significato, una nuova forma e una nuova vita. 

L’arbitrarietà si ritrova ovunque a partire dall’occhio, colpito dal capovolgimento di forme e colori: la regista infatti si è fatta ispirare e guidare prima dagli artigiani che graffiando la pellicola, legandola, curvandola le conferiscono una particolarissima dimensione sonora e poi dalle consistenze di una carta appallottolata che da lontano ti attira con un bagliore e poi man mano che ci si avvicina, ti stupisce con diverse consistenze e ti permette di accorgerti che c’è molto altro.

Ascolta qui le diverse tecniche utilizzate: 

 

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E le diverse consistenze permettono di accorgersi anche di quello che non c’è stato: l’esistenza e la post-esistenza delle bobine che alimentano una nuova narrazione cinematografica ma anche la torre di bambù creati dagli abitanti per vedere la Red Moon, un oggetto ed un luogo non meglio identificato dove chiedersi: “come sarebbe potuto andare”? E del resto sarebbe stato certamente un film diverso e un destino diverso con l’eclissi ma quella nuvola non se ne è mai andata….

MESETA: CARTOLINE DALL'INTERNO. LA SPAGNA DEL VUOTO

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Quattro anni di riprese, una splendida fotografia, un gruppo di “attori-non attori” azzeccatissimi (su tutti, il duo canoro “Los españoles” e il loro monumento al camionista) che sono i reali abitanti ingaggiati con il passaparola, una grande attenzione al sound design e due macchine da presa: ecco i numeri di questo video-diario trionfatore all’ultimo Festival di Pesaro

 

Film vincitore del Premio Lino Micicchè con la seguente motivazione: “L’autore con il suo cinema ha voluto condividere le memorie, il presente e il futuro attraverso l’immagine il suono e il movimento con una onesta, pura, competente e personale visione del cinema”.

Il film è stato premiato anche dalla Giuria degli Studenti “per la capacità di raccontare il paesaggio dell’entroterra spagnolo trasfigurandolo in una dimensione universale e atemporale, dove tradizione e modernità collidono attraverso lo sguardo immersivo dell’autore”.

Facebook è come la mia canna da pesca: 

non sai con chi entri in contatto;

io ho trovato in Paraguay una ragazza di 47 anni 

….e manco sapevo dove fosse il Paraguay!

Il rumore dell'autostrada 

è simile alla risacca delle onde del mare

Risemantizzazioni continue che navigano nel tempo tra passato, presente e futuro e nello spazio in un continuo rimando tra materiale e virtuale: così il cd di Master of Puppet dei Metallica viene usato come uno spaventapasseri post-moderno mentre la ricerca dei Pokemon riproduce immagini che si mischiano e sommano a quelle catturate dalla macchina da presa. 

Meseta Palacios

Una ricerca estetica, mentale, emotiva, emozionale ed emozionante diventa un archivio sonoro e visuale che, senza alcuna voce narrante, recupera e raccoglie storie, tradizioni, canti ed il patrimonio identitario degli abitanti di Meseta, l’altopiano più antico della penisola iberica. Ma è anche un ritratto socio-antropologico di una rete di relazioni a maglie sempre più larghe su un territorio che si sta spopolando a causa anche dell’urbanizzazione e di (altri) stili di vita. Qui (ri)troviamo una dolcissima coppia di ultra-ottantenni  - nonni del regista – che setacciano legumi rivangando il franchismo, donne che lavano i panni a mano sulla pietra del lavatoio, vendemmie alla luce fioca delle candele e un uomo che, al posto delle pecore, per addormentarsi conta le case ormai vuote come “un rosario sgranato”. 

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Ma non pensate all’immagine naif di una idilliaca “utopia rurale” quanto piuttosto ad un omaggio alle infinite scoperte spalancate dall’ebbrezza di passare l’estate dai nonni in totale libertà, omaggio che si respira nei piani lunghissimi, sconfinati dove la natura sta prendendo il sopravvento anche nel sonoro: nei versi degli animali, nel ronzio delle mosche e persino nelle folate di vento, sottofondo costante. A questi sono alternati primissimi piani di facce rugose, volti che diventano mappe da decifrare -come sostenevano Ejzenstein e Balzas- sovrapponibili ed inscindibili da questo territorio.

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Una realtà semplice, lineare ma proprio per questo profonda e radicata che attraverso lo sguardo affettuoso e complice del regista ondeggia al ritmo di una memoria che si sta dissolvendo.

 SCHEDA TECNICA

Titolo: Meseta

Titolo Internazionale: Inland

Regia: Juan Palacio

Sceneggiatura: Juan Palacio

Editing: Juan Palacio

Produzione: Jabuba Films y Doxa Producciones

Sound Design: by Xabier Erkizia

Durata: 90’

Premi Vinti: Menzione Speciale al Copenhagen Film Festival; Premio Lino Miccichè alla 55a Mostra del Pesaro Film Festival 2019

INTERVISTA A BRUNO TORRI: LA FONDAZIONE DEL PESARO FILM FESTIVAL

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Monica Macchi (a sinistra) e Bruno Torri (a destra). Foto di Filippo Biagianti

Grazie alla mediazione di Pedro Armocida, siamo riusciti a intervistare Bruno Torri, uno dei fondatori, insieme a Lino Miccichè della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, avvenuta nell'inverno del 1964, in vista della prima edizione svoltasi nell'estate del 1965.

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Adriano Aprà, Lino Miccichè e Bruno Torri

Le domande, elaborate da Alessandro Studer, sono state rivolte da Monica Macchi a Bruno Torri durante un incontro, che si è svolto presso la sede del Pesaro Film Festival,  in data 22 giugno 2019. Il prof. Bruno Torri ha approvato il montaggio dell'intervista in data 11 luglio 2019.

 

Queste le domande che abbiamo rvolto a Bruno Torri:

1) La prima storica edizione della Mostra è datata maggio-giugno 1965. Ma l’idea e il progetto si è sviluppato a partire dall’inverno ’64-’65 a Roma da Lei con Lino Miccichè: ci può raccontare questo lavoro preliminare?
2) Come è nata la vostra amicizia e che persona era Miccichè?

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Lino Miccichè

3) Il periodo d’oro della Mostra si può dire che arrivi fino all’inizio degli anni ’80 ma si sa che il segno storico aureo è rappresentato dal biennio 1965-67. Gli incontri internazionali sul linguaggio cinematografico era Lei che li curava e organizzava?

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Gianni Amico

4) Noi di Formacinema abbiamo come riferimento teorico Galvano Della Volpe e vorremo chiederle come è nato il “mitico” Convegno e Tavola rotonda sul tema “Linguaggio e ideologia nel film”, durante la Terza Mostra maggio-giugno 1967 (c’erano anche Umberto Eco, P.P. Pasolini, Christian Metz)?

 Libro Pesaro Della Volpe

5) Ci può raccontare come ha vissuto personalmente la Mostra nel ’68 e come è stato possibile rilanciare ad alto livello per tutti gli anni ’70?
6) Lei ha poi partecipato attivamente fino ad oggi a tutte le mostre, quindi ne è la memoria vivente. Può dirci qualcosa sulla scomparsa di Lino Miccichè, come l’ha vissuta e quali progetti avevate elaborato insieme?
7) A partire dagli anni ’80 è iniziato un periodo potremmo dire di normalità, si sono avvicendate figure di Direttori molto diversi tra loro, Adriano Aprà, Giovanni Spagnoletti, Pedro Armocida. Come ha vissuto questo periodo, si è proposto come guida o come?
8) Una domanda per noi molto importante. Avete un archivio enorme e di portata storica, a che punto è la digitalizzazione dei programmi, dei convegni e di tutto quanto è importante per “educare” le nuove generazioni così smemorate?  

 


BRUNO TORRI

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Nato a Genova  nel 1932, laureato in Economia e Commercio, durante il periodo degli studi universitari dirige il C.U.C.GE. (Centro Universitario Cinematografico Genovese) e inizia l’attività pubblicistica sui quotidiani cittadini “Il Lavoro” e “Il Secolo XIX” con articoli e recensioni cinematografiche. Dal 1960 al 1963 è segretario generale nelle prime quattro edizioni della “Rassegna Internazionale del Cinema Latinoamericano” che nei primi due anni si svolge a Santa Margherita e poi a Sestri Levante. Trasferitosi nel 1964 a Roma, fonda assieme a Lino Miccichè, la “Mostra Internazionale del Nuovo Cinema” di Pesaro, di cui è segretario generale nelle prime cinque edizioni (1965-1969), poi collaboratore fisso e, a partire dal 1994, presidente del Comitato Scientifico. Nel 1968 è tra i fondatori dell’U.C.C.A. (Unione Circoli Cinematografici dell’Arci), di cui è presidente nei primi quattro anni di attività. Nel biennio 1970-1971 è redattore della rubrica televisiva “Cinema Settanta”, per la quale firma anche diversi servizi. Nel 1971 collabora all’ideazione e alla realizzazione del programma RAI “L’America Latina vista dai suoi registi” comprendente sei film di lungometraggio diretti da altrettanti registi latinoamericani. Nel 1972 è assunto come Direttore della programmazione all’Ente Autonomo di Gestione per il Cinema (l’attuale società Istituto Luce-Cinecittà), dove resta sino al 1993, per poi passare all’Istituto Luce, dove ricopre l’incarico di Direttore Generale sino al 1995. Nel 1971 è stato tra i fondatori del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), del quale è stato presidente dal 1996 al 2012. Nel quadriennio 1974-1977, e nuovamente nel 1992, ha fatto parte della Commissione Esperti della “Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica” di Venezia. Nel biennio aprile 2000-aprile2002 è stato membro del Consiglio di Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia). Dal 1996 al 2010 ha insegnato materie cinematografiche all’Università di Roma 2 (Tor Vergata).  

Ha collaborato con articoli e saggi a numerosi giornali e riviste cinematografiche  e culturali tra cui: “Avanti!”, “Rinascita”, “L’Opinione”, “Europa”  “Mondo Operaio” (dove ha tenuto la rubrica di critica cinematografica dal 1970 al 1976), “Marcatrè”, “Nuova Corrente”, “Filmselezione”, “Cinema e Film”, “Cinema Sessanta”, “Bianco e Nero”, “Immagine e Pubblico” “Problemi”, “Sipario”, “Gulliver”, “Cinema Studio”, “La Scena e lo Schermo”, “Allegoria”,  “CineCritica”, “8 e mezzo”.

Per l’enciclopedia intitolata Cinema & Film - La meravigliosa avventura dell’arte cinematografica, che comprende la storia del cinema mondiale dalle origini al 1988, ha redatto tutte le “voci” concernenti il cinema latinoamericano del secondo dopoguerra e tutte quelle concernenti l’industria e l’economia del cinema italiano dello stesso periodo.  

Attualmente, è presidente del Comitato Scientifico della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, amministratore del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani e fa parte del Comitato Scientifico della Storia del Cinema Italiano pubblicata dal Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC) e da Marsilio.

 
 

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