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CONVERSAZIONE CON DANIELE GAGLIANONE. Di Filippo Biagianti e Aelfric Bianchi

Fine giugno 2013. La 49a edizione della mostra del nuovo cinema di Pesaro è appena iniziata. Ci ritroviamo tutti di fronte al cinema sperimentale per la prima giornata di workshop con Daniele Gaglianone. Siamo otto in tutto,  Il tempo delle presentazioni di rito e si comincia. L’Enfant dei fratelli Dardenne è la prima proiezione della giornata. Si analizza la sceneggiatura, la costruzione delle scene. L’approccio diretto e realista dei Dardenne. Chiude la mattinata un’approfondita analisi della costruzione di alcune scene del documentario Rata nece biti (La guerra non ci sarà), realizzato nel 2011 dallo stesso Gaglianone. Si cerca l’ispirazione per l’idea su cui realizzare il corto che dovrà essere girato durante il workshop. Il pomeriggio prosegue cercando di costruire una sorta di sceneggiatura su cui basare le riprese da effettuare nei giorni seguenti. L’idea è quella di raccontare la città Pesaro attraverso i suoni della sua quotidianità. Arrivano l’operatore il fonico e la segretaria di edizione, tre ex studenti del centro di formazione e produzione cinematografica OffiCine Mattòli di Tolentino. Dopo alcune difficoltà tecniche con il monitor che non vuole collaborare e la batteria della camera Sony che sembra essere perennemente scarica, iniziano le riprese. Io seguo il gruppo con la mia Canon cercando di fare un po’ di backstage e alla bisogna facendo anche da seconda camera. La prima location è il Teatro Rossini, il nostro viaggio nei suoni di Pesaro non può che cominciare dal teatro che porta il nome del grande musicista pesarese. L’approccio scelto per il cortometraggio è quello sperimentale ... una cassa amplificata da concerto che portata in giro per la città su un improbabile carrello amplifica i suoni e le eventuali contraddizioni del contesto urbano, raccontandone così anche la storia. Un percorso che partito dal principale teatro cittadino, passando per i laboratori di musica elettronica del Conservatorio Rossini non poteva che concludersi sulla spiaggia del litorale adriatico, dove anche la mia Canon decide di lasciare la terraferma per effettuare una soggettiva dal punto di vista delle onde, sostenuta dalle esperte mani del maestro Gaglianone. workshop2013 46Le riprese sono finalmente ultimate, e anche la mostra del nuovo cinema volge al termine, siamo arrivati a sabato e il cortometraggio deve essere montato entro le 21 per la proiezione in piazza prima della premiazione dei film in concorso. Siamo tutti in una saletta predisposta per l’occasione all’interno del Cinema Teatro Sperimentale, tutti seduti davanti all’iMac dove la nostra opera audio visiva sta prendendo forma. È dall’inizio del workshop che aspetto l’occasione giusta per intervistare Gaglianone .. e sono già un paio di giorni che la mail di Aelfric Bianchi con le domande per l’intervista giace nella mia casella della posta non letta. Stampo le domande per l’intervista e, approfittando della pausa pranzo, passo il foglio a Daniele chiedendo se è disponibile per fare una chiacchierata di fronte alla telecamera. Non c’è problema. Organizzo il set in piazza del Popolo ... tra le sedie messe li per le proiezioni in piazza ... riesco ad avere l’aiuto di due compagni di corso, uno come fonico di presa diretta, l’altro come seconda camera. Daniele dà un’ultima occhiata al foglio stampato con le domande. Si parte. La conversazione può iniziare. Qui sotto potrete vedere il corto realizzato durante i 5 giorni di workshop: Pesaro 563 secondi. Buona visione e mi raccomanda non andate a vedere i film di Muccino.

Di seguito le domande, elaborate da Aelfric Bianchi, con cui è stata realizzata l’intervista

L’annosa dicotomia caratteristica della cinematografia italiana tra film commerciali di grande successo popolare ma snobbati dalla critica e film d’autore spesso condannati a una scarsa distribuzione e relegati in una posizione di nicchia sembra oggi in fase di superamento grazie a nuovi modelli di produzione che, pur non rinunciando alle ambizioni artistiche e a un forte impegno culturale e sociopolitico, mirano, anche in virtù di una marcata componente spettacolare e al ricorso a interpreti di notevole richiamo, a conquistare platee più ampie di spettatori. Come e in che termini collochi Ruggine in questo contesto, che a certi livelli sembra modificare concetto e struttura del cosiddetto film d’arte?

Analoghe trasformazioni sono in atto da qualche tempo anche nel cinema di Bollywood, che, grazie ad attori e a registi attivi in India e all’estero, offre prodotti sempre meno associabili a prima vista allo stereotipo deimasālā movies, dei quali utilizzano strutture e schemi per istanze e obiettivi impegnati e impegnativi. Alla luce del tuo interesse per le cinematografie “altre”, ritieni che tale orientamento rientri in una logica di globalizzazione o vada invece ricondotto a una specifica realtà locale?

Sotto la dizione di documentario – un filone sempre più coltivato, frequentato e diffuso – si raccoglie oggi una straordinaria varietà di sottogeneriworkshop2013 37 talora antitetici e quasi inconciliabili tra loro. Inteso spesso come pura illustrazione o documentazione di fatti e personaggi, accadimenti o situazioni, è a volte una reinterpretazione creativa, se non addirittura una reinvenzione mirata a obiettivi ideologici e sociopolitici di fenomeni celati e sotterranei che si vogliono porre in primo piano o “denunciare” esplicitamente. In altri casi si propone invece quale strumento per tradurre in immagini una propria visione del mondo. Sempre più spesso, in ogni caso, sembra offrirsi come mezzo per misurarsi in tempo reale con una “liquidità” che si sottrae alle vecchie logiche universalistiche per imporre sconcertanti modelli di relativismo: una sorta di analisi n vitro concentrata sulla mutevolezza costante di un particolare non generalizzabile, il cui simmetrico, a livello popolare, è forse rintracciabile per paradosso nel modello del reality show. Come collochi e come concili in questo contesto la tua attività di filmmaker, oscillante tra fiction e non fiction?

In che misura gioca in opere come Pietro e Ruggine il sovrapporsi e intersecarsi del soggettivo all’oggettivo, ossia l’incrocio e lo scambio tra l’occhio che guarda (e la cinepresa che riprende) e il fenomeno osservato, selezionato e ripreso in diretta, che caratterizza i tuoi documentari?

 

Regia, montaggio e conduzione intervista: Filippo Biagianti. 

Domande elaborate da: Aelfric Bianchi. 

Riprese: Filippo Biagianti e Giacomo Pecci.

Fonico presa diretta: Agostino Devastato. 

Foto di scena: Filippo Biagianti

(Licenza Creative Commons·Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia)

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